La ricerca della figura-non-figura Di Michele Costanzo


La ricerca della figura-non-figura
Di Michele Costanzo

La ricerca pittorica di Franco Ferrari è un lavoro d’indagine teorica e poetica che ha come punto d’approdo l’espressione figurativa. Un’espressione rivolta alla propria interiorità e nei confronti del mondo esterno. Riprendendo un’espressione di Giorgio Tabucchi, la sensibilità di Franco è come una finestra che si apre contemporaneamente verso l’esterno e verso l’interno.
Il suo lavoro procede con caparbietà, profondità di riflessione da molti decenni. Sono tanti gli anni, ormai, che lo conosco, che seguo gli sviluppi del suo fare artistico ed ho sempre notato questa “linea continua” -in sé intricata piena di dolci curve, meandri, tratti rettilinei, un po’ come il tracciato di un fiume- che, in vario modo, egli “disegna” attraverso il suo fare artistico.
Il percorso di un fiume è l’immagine del suo tendere al raggiungimento di un obiettivo, ma per Franco, forse, più che l’obiettivo conta l’alveo e l’azione dell’acqua che lo scava e continua a scavarlo. L’obiettivo, per Franco sembra essere qualcosa che custodisce dentro il suo essere, credo che, in definitiva, l’obiettivo sia Franco stesso.

In questo ostinato, severo, attento procedere Franco sente la necessità di creare dei momenti di tensione, che sono dei “falsi obiettivi”, delle occasioni per rimescolare, per così dire, le carte, per riflettere sul proprio mondo in modo nuovo; in sostanza, per cambiare percorso, invertire direzione. Non si tratta, in effetti, di rilevanti trasformazioni, non si potrebbe usare nel suo caso il termine “periodo”, perché Franco non punta a distruggere, ad annullare le fasi passate, spesso al contrario le riprende per affinarle o trarre da esse quello che gli sembra possano ancora dare, trasmettere. Clement Greenberg, riferendosi ad un pittore americano, userà l’espressione: “andare ad acchiappare le lepri che erano scappate via”.
L’occasione esterna che Franco spesso cerca è la mostra, per trovare la spinta giusta che indirizza verso un “avanti” immaginario il pensiero e la mano abile che stende colori, delinea figure e in qualche modo racconta senza l’ausilio di parole.

Le opere preparate per questa mostra, il lavoro, l’impegno di Franco profuso in questa occasione mi sembra importante, perché i materiali prodotti hanno una loro insinuante forza espressiva.
Inoltre, è altresì facile intravedere una riflessione più generale sulla pittura, sulla sua storia più recente, sulle avanguardie a partire dalla presenza ossessiva del Quadro nero (1915) di Kazimir Severinovič Malevič.
Si potrebbe osservare che in questa mostra uno dei temi cardine è il quadro in sé: il quadro come sfondo, il quadro come piano che si ribalta e che si trasforma in cavalletto, creando in questa successione di movimenti una spazialità, una profondità allusiva e reale, composta di piani e attraversata da figure che si interrogano. Figure, sempre più trasparenti, materiche le quali rinviano ad una materia-non-materia. Un ordine, una geometria spaziale e un fluttuare disordinato della figura -perché libera da ogni dogma- emblematica di un’altra tradizione figurativa che Franco cerca di fare incontrare.
I quadri di Franco sono dunque, da un lato, un lungo racconto sulla pittura moderna e, dall’altro, un luogo mentale/visivo dove il riguardante tende a perdersi perché trova espressione attraverso un linguaggio in sé enigmatico che deve essere accettato nella sua complessità. Tali opere per dispiegarsi e trasmettere la loro essenza necessitano di uno spazio opportuno che le accolga, se si vuole “ascoltare” la loro storia silenziosa fatta di figure, di colori, di trasparenze, di piani e di una accesa, passionale “risonanza” poetica.
Roma 30 novembre 2009

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