Il vento stizzoso della mente scivola sul
segno e lascia parte dell’esperienza di un lungo vagare.
Il pensiero, nel mistero di un viaggio a
ritroso fino ad un tempo non tempo, sprofonda navigando in luoghi indefinibili,
fino a spingersi al limite e in quel limite
percepire un barlume di “eternità” nitido e nel contempo sfuggente. La sensazione è precisa, quella di
una insicura certezza di esserci e di esserci sempre stato; quella di
poter cogliere per un attimo l’origine e
il punto dell’ ”inizio” . Quell’inizio
che ci appartiene, che intuisci immutato e immutabile, è il nostro ieri e anche
il nostro oggi e, forse, anche il
destino del nostro domani e dell’ ”arrivo”.
Allora quei segni, quelle forme, quei
vuoti, quei neri, quelle improbabili figure, cercano di dare forma all’“indefinibile”
e rivelano un forte e confuso senso di
smarrimento ostinandosi a porre una “domanda”… ma alla domanda non trovano risposta; quella
sospensione e quella tensione smarrita di una “attesa”, la nostra, è forse la
sola risposta possibile.